“Los Angeles, erano le due del mattino e mi trovavo all’intersezione fra due superstrade vestito di nero con degli adesivi offensivi pronti per vandalizzare un cartellone….”
No, non è la prima sequenza di un film con la voce narrante esterna di Robert Downey Junior che ci introduce ad un movimentato casino;
si tratta della prima pagina di Trust me I’m lying.
Il libro parla delle confessioni di una mente pericolosa del settore della strategia di pubbliche relazioni on line:
l’autore ci racconta dei suoi anni passati a creare diversivi mediatici (leggasi: bufale colossali) per attirare attenzione nei confronti dei prodotti dei suoi clienti.
L’analisi va molto a fondo fino a smontare tutte le dinamiche basiche della circolazione delle informazioni in rete:
come un rumors parte da un piccolo blog di provincia rotola fino a diventare, a suon di rimbalzi a destra e a manca, una vera e propria notizia per una testata ufficiale.
Una visione distaccata, cinica e canzonatoria di come siano facili da sfruttare le leve dell’indignazione, l’ingenuità umana:
dinamiche simili le vediamo ogni giorno quando si vede circolare link come il caso della heineken.
Intendiamoci: casi come quello citato non fanno parte del suo lavoro, non cercate di andarlo a prendere a casa perché i vostri amici di Facebook vi ammorbano con mille e più complotti, come vedrete nel libro gli episodi sono molto più interessati.
Va anche detto che anche il diavolo ha un’anima: l’autore ci porta esempi di come le stesse meccaniche di innoque bufale commerciali e deprecabili manipolazioni di opinione pubblica possano essere usate per una giusta causa.
Un libro fondamentale per:
- tutti quelli che volgiono capire meglio i media
- tutti quelli che vogliono evitare le bufale
- tutti quelli che vogliono creare le bufale
- tutti quelli che stanno dibattendo di bufalari e giornalisti