Daniele Carli è un simpatico ragazzotto veneziano che un giorno è scappato in USA per andare a fare il sound designer. Ecco la sua storia e gli spunti dalla sua esperienza.

Raccontaci Come hai cominciato

Ricordo che il mio primo inizio è stato creare un racconto sonoro con un pc, il Cubase VST e la Sound Blaster 16, utilizzando i suoni MIDI degli strumenti musicali, ma toccando soprattutto ottave fuori registro: note così acute o talmente gravi da produrre non più il suono riconoscibile di una chitarra elettrica, ma fischi e strani effetti sonori.

Successivamente ho iniziato gli studi di Sound Design a Roma, a termine dei quali mi sono cimentato nel mio primo progetto di sound design su un cortometraggio d’animazione dal nome “Elephants Dream”, prodotto dalla Blender Foundation e reso open source al fine di permettere ad altri artisti in giro per il web di creare il proprio film sulla base del progetto preesistente.

Pertanto, scaricato il file video del film ed i dialoghi, e tralasciando totalmente il mix audio originale, sono partito da zero sonorizzando ogni aspetto del film: dagli effetti sonori, agli ambienti, ai passi ed altri foley, curandone anche i dialoghi. Ho registrato oggetti di vario tipo, manipolandoli al fine di creare un suono per ogni cosa: piattaforme rotanti, volatili robot, un telefono antico, grandi e piccoli ingranaggi, attraverso un sound design che potesse offrire un risultato finale completo, al punto di narrare tutto lo svolgimento del film senza alcun supporto musicale. Il lavoro è poi stato recensito sul sito web di Blender Magazine, rivista ufficiale dell’omonimo programma di modellazione 3D, usato per la creazione del film stesso. A seguito di questo evento e portando altri progetti sonori personali al “Festival della Creatività” ed il “Muv Festival” di Firenze, ho iniziato a crearmi i primi contatti lavorativi sia in Italia che all’estero.

Cosa ti ha fatto scattare la molla di andare in USA

Di sicuro la motivazione primaria che mi ha spinto ad andare negli States è stata la necessità di costruirmi una carriera in un ambiente lavorativo al top del mercato mondiale. La prima città che mi veniva suggerita era ovviamente Los Angeles.
Personalmente ho sempre apprezzato la cultura cinematografica, musicale e videoludica americana e mi affascinava parecchio l’idea di conoscere un mondo visto solo nei film, o ascoltato nella musica dei miei artisti jazz e rock blues preferiti. La cinematografia è l’ambito che più mi interessava e crescere professionalmente in quell’ambiente, arrivando a produzioni di rilievo internazionale, è decisamente stato il mio obiettivo da sempre

Quali sono le differenze con l’Italia com’è fatto il mercato americano?

In Italia c’è di sicuro molto interesse per l’importazione di film, TV series, musica e video games, cosa assolutamente positiva e che denota un’apertura del consumatore verso un’ampia gamma di forme artistiche di intrattenimento. Probabilmente, questo è dovuto anche dalla limitata produzione del mercato italiano, che offre ogni anno poche alternative al genere cinematografico ed ancor meno videoludico internazionale, poiché produce molto meno di quanto potrebbe. È intrinseco che se manca una produttività dell’intrattenimento, mancano anche le opportunità lavorative offerte sul territorio.

Ma non solo. Le università di cinematografia negli USA, per esempio, sono una storica realtà che forma da sempre generazioni di professionisti che riescono ad inserirsi nell’ambito lavorativo a tutti i livelli. La principale differenza tra mercato Italiano ed Americano, quindi, sta proprio nell’importanza economica e sociale che viene data all’arte. Negli USA, l’arte viene considerata come una forma d’intrattenimento, ma soprattutto di guadagno in cui investire capitali e risorse umane.

Ciò che conta molto quindi è in particolare la forza lavoro, che viene impiegata in qualsivoglia produzione, offrendo diritti e privilegi a coloro che ne fanno parte. Questa forza lavoro viene intesa anche come espressione artistica individuale, che spesso viene incanalata in prodotti di alta qualità, con la conseguente distribuzione oltre ai confini del proprio Stato se non del continente.

A livello sociale, questa florida realtà spinge a promuovere sé stessi ed il proprio lavoro in modo più efficace e competitivo. Ma allo stesso tempo, da questo prosperarsi ne deriva anche una sana sinergia tra colleghi in un ambiente di lavoro positivo. A Los Angeles c’è una concentrazione di lavoro impressionante, in quanto vi convergono professionisti del settore provenienti da altri stati americani, dal Canada e da tutto il mondo per lavorare e dare il meglio di sé stessi.

La città, dietro l’apparenza di metropoli trafficata, è infatti uno studio cinematografico brulicante a cielo aperto: piena di studi di produzione, da piccole imprese che lavorano con budget medio-bassi, a studi di alto livello il cui nome non è conosciuto al grande pubblico, a studios come la Sony, l’Universal e la Paramount, ed ancora moltissimi freelancers che si appoggiano a questi per collaborazioni a progetto.
E non è raro poi trovare per strada un set allestito per delle riprese cinematografiche.

Oltretutto, a Los Angeles, c’è una grandissima attività sociale fatta di eventi privati, premi rilasciati da organizzazioni impiegate al riconoscimento dei professionisti del settore, momenti d’incontro in cui ritrovarsi a parlare faccia a faccia con premi Oscar per la cinematografia o supervisori del suono delle TV series e dei film più famosi.
Anche nell’ambito musicale, è possibile assistere a concerti importanti e talvolta riuscire a spendere due parole con i musicisti che hanno fatto la storia. Discutevo qualche anno fa con un supervisore del suono della Walt Disney, su come a Los Angeles si lavori soprattutto da freelancer o con contratti a tempo determinato. Il posto fisso, a meno che non si abbia una propria azienda, è molto raro.  Tuttavia, ad un certo livello professionale, i progetti si susseguono uno dopo l’altro e nel caso in cui il contratto con un importante studio dovesse terminare, è possibile comunque trovare lavoro altrove. Personalmente, aggiungerei che non è facile né scontato lavorare con continuità, ma in ogni caso è possibile produrre dai 20 ai 25 film all’anno, lavorando bene anche solo con uno o due studios. Il limite delle opportunità, che a Los Angeles puoi trovare, sta solo in te stesso.

Cosa consiglieresti a qualcuno che voglia provarci?

Consiglierei di non fermarsi davanti a nulla e di credere in sé stessi e nel proprio progetto di vita. Mi è stato detto varie volte che a Los Angeles è pieno di persone che fanno la fila per entrare a lavorare negli studios e che il mercato è troppo competitivo, o che c’è crisi anche lì ed altre cose simili. Ho sempre considerato opportuno non farsi mai convincere dalle opinioni altrui, ma acquisire una propria esperienza diretta. Ed è giusto quindi spingersi anche in ambienti lavorativi competitivi, al fine di imparare da essi e trovare in questi il proprio posto.

Sono convinto che se una persona si dedica veramente al trasferimento della propria professione negli USA, a Los Angeles o in qualsiasi altra parte del mondo, lo spazio per sé lo trova.  È anche vero che, arrivati ad Hollywood, verrebbe da pensare che il successo è alle porte. Pensare questo è un luogo comune ed anche un’illusione poco producente.

In realtà, è fondamentale arrivare a Los Angeles da professionisti: umili ma sicuri di sé, con un bagaglio lavorativo alle spalle, degli studi compiuti, una presentazione preparata al meglio, creatività, ingegno e sicuramente capacità nel crearsi una rete di contatti.

Ma soprattutto, determinazione e perseveranza sono ciò che più conta: raggiungere i propri obiettivi a qualunque costo personale e quando gli obiettivi vengono raggiunti, non fermarsi mai ed andare sempre avanti cercandone di nuovi. È questo che ha contraddistinto tutto il mio percorso artistico fino ad ora. Una volta un mio caro maestro ha detto di me: “Se il treno non parte, Daniele lo tira con i denti”Ci vuole coraggio per cambiare vita e trasferirsi in un’altra parte del mondo. Ma se davvero ci credi, nessuno ti ferma.

Visto che, grazie ai social, oggi abbiamo possibilità di networking maggiori rispetto a una volta, che siti/metodi consigli per presentarsi al meglio?

Come prima cosa, consiglio vivamente di realizzare un progetto da inserire in una breve showreel da esporre su Vimeo o Youtube, che possa rappresentare in poco tempo le proprie capacità creative e professionali. Meglio ancora se la reel contiene estratti video o audio di collaborazioni di un certo livello, questo per far capire di possedere già esperienza nel settore. Soprattutto consiglio di creare una reel adatta al tipo di lavoro svolto dalla persona a cui verrà mostrata. Per esempio, non è consigliabile presentare una reel di cartoni animati ad un professionista che lavora su trailer cinematografici! È fondamentale che attraverso la propria presentazione, si dimostri di possedere tutte le qualità e le capacità di lavorare ad un progetto che il potenziale datore o cliente potrebbe assegnarci. Peraltro, quando ci si presenta, bisogna tener conto che non tutte le persone sono interessate a spendere qualche minuto del loro tempo nel vedere una showreel, come invece altri possono dedicarci solo 90 secondi… ed in questi bisogna riuscire a scompigliargli i capelli!

Quindi l’abilità sta tutta nel creare una presentazione accattivante che possa dare un’impressione molto positiva di sé. Inoltre, è cosa importante redigere un Resume, sintetico, esaustivo e NON in forma discorsiva.
Meglio ancora se si possiede un proprio sito web o un profilo su LinkedIn in cui organizzare con chiarezza i contenuti. Se si è un professionista del settore cinematografico o videoludico, non si può non avere un profilo su IMDb.com. È come il Google dell’intrattenimento, a cui clienti e professionisti si affidano per vedere elencate tutte le proprie collaborazioni.

Arriviamo ai contatti..
Ovviamente, è fondamentale farsi dei contatti via internet con clienti e professionisti del proprio settore. Il consiglio migliore, qualora si volesse espandere o trasferire la propria attività all’estero, è quello di visitare lo Stato o la città interessata ed organizzare degli incontri di persona.

Per questo la rete aiuta parecchio.
Facebook, per esempio, nonostante la sua natura sia prevalentemente ad uso personale e ricreativo, è sempre un social che, se usato con l’opportuna discrezione, permette di creare nuovi contatti, farsi conoscere nel proprio lavoro attraverso post attinenti ed eventualmente “agganciare” nuovi rapporti per poi incontrarsi di persona.

Lo stesso vale per LinkedIn.
La rete, inoltre, è piena di siti database in cui offrire la propria disponibilità lavorativa o cercare collaborazioni.

  • Mandy.com è un portale che usavo agli inizi e che mi ha permesso di farmi i primi contatti oltreoceano.
  • UpWork.com è un altro portale affidabile che connette professionisti e datori di lavoro, prendendosi una percentuale sul pagamento per il lavoro svolto.
  • Craigslist.org, tra le varie categorie disponibili, è presente la sezione relativa alle offerte di lavoro.

Come ultima cosa, se si ha la possibilità, è importante trovare occasioni di contatto diretto, tra cui screening di film, rassegne e festival in cui conoscere professionisti del settore, nuova gente e creare nuovi rapporti di lavoro.